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Scuole di giornalismo? Sì, ma che non siano fabbriche di illusioni



Taccuino, penna sull’orecchio, faccia tosta, buona cultura generale, spirito d’iniziativa. E capacità di raccontare storie, soprattutto. Una volta si partiva da quello, per fare il giornalista. E il direttore ti prendeva in simpatia per il coraggio e la voglia di fare, indipendentemente dal tuo titolo di studio.

Adesso no, servono i masters, meglio se costosissimi o se realizzati da università prestigiose, “giovani” o addirittura “per corrispondenza”. Ma è possibile imparare un mestiere così particolare addirittura sul “web”, senza un rapporto diretto con la realtà di una redazione o della “strada”? Evidentemente lo si ritiene possibile. Il “know-how” acquisito, a duro prezzo, dovrebbe rendere gli allievi, diplomati o “laureati”, addirittura, in giornalismo, praticamente invincibili.

E, invece, il tutto si rivela un pericolosissimo “boomerang”. Perché la teoria appresa spesso è robetta da manualistica delle “giovani marmotte” e non tiene conto degli imprevisti che fanno la realtà di questo mestiere. Certo ci sono le autorevoli eccezioni, che confermano la regola, e che riguardano grandi e serie istituzioni universitarie, ma la sensazione è che la voglia di schematizzare e programmare ogni cosa abbia contagiato tutto.

Senza contare il giro d’affari che tutte queste scuole, grandi e piccole fabbriche d’illusioni, pongono in essere, a danno dei propri iscritti. Che spendono soldi, pensando di comprare l’accesso ad una professione, ormai quasi “a circuito chiuso”.
Sicché le conferenze stampa, ma soprattutto le redazioni di provincia sono piene di pseudo-professionisti, che sono stati a scuola e hanno studiato per fare lo stesso mestiere che il cronista più anziano continua ad esercitare silenziosamente (e proficuamente!) nell’ombra, snobbando i vernissages e le conferenze stampa “glamour”, in favore di un lavoro di ricerca più intelligente e sostanzioso.

La moda imperante della scuola di formazione in giornalismo è seconda solo a quella delle accademie di teatro o di danza, che pretendono di formare talenti artistici, dimenticando come quelli più grandi siamo venuti fuori dalla strada, spillando soldi ai più ingenui o formando splendidi robot, che si emozionano a comando, perfetti, ma senza cuore.

Insomma, senza arrivare al pessimismo del grande Montanelli , che adirittura teorizzava, nell’ultimo periodo, l’impossibilità, ormai, per i giovani, di avvicinarsi a questo mestiere, va pur detto, parafrasando Manzoni, che il “talento giornalistico”, ove di talento di può parlare, se uno non ce l’ha, non se lo può dare, proprio come il coraggio. Nemmeno se frequenta una costosissima scuola, via “e-mail”.

(inserito il 20/05/2002)

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