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Emigranti della didattica: la via crucis dei pendolari dell'insegnamento

di Salvatore Agueci

Siamo alla fine dell’anno ed è tempo di consuntivi ma anche di programmazione per il futuro e basta fare un sondaggio tra gli studenti meridionali per renderci conto che parecchi di loro hanno deciso (e lo hanno già espresso) di iscriversi in una Facoltà del Nord; seguono così i tanti loro compagni che da anni si
sono trasferiti in cittadelle universitarie “più all’avanguardia”.

Dopo le braccia-lavoro oggi fuggono quindi dal Sud anche le menti-pensanti e così, al dramma dello spopolamento dei lavoratori in età più adulta, si aggiunge anche quello dei giovanissimi che, per
motivi di studio, si trasferiscono nelle Università del Nord.

Prima si emigrava così per trovare un posto di lavoro nelle aree “protette” portando in esse un capitale indiscutibilmente indispensabile e favorendo la produttività delle aziende e i finanziamenti statali, oggi i nostri giovani continuano ad emigrare
impinguando le Università del Nord e favorendo contributi sostanziosi, senza trascurare il fatto che anche la loro presenza diventa “un’azienda tra le aziende” con una ricaduta economicamente rilevante.

“Mi sono iscritto a Parma, dice Gaspare Allotta, studente al 5° anno di Marketing prossimo alla
laurea, perché tutte le aziende sono al Nord e qui sicuramente troverò lavoro; molti che escono dall’Università hanno già trovato un’attività, le aziende, infatti, come le banche finanziano le Facoltà e da esse attingono i quadri futuri”.

La scelta dei luoghi di studio sono oggi i centri come Pisa, Parma, Siena, Bologna, Firenze, Padova, Torino, Milano, Roma, Perugia (unitamente ad altri), verso questi “paradisi del sapere” i giovani dirigono le loro aspettative perché apprezzano un nuovo modo di porsi della “cultura” nei loro confronti e perché hanno la reale sensazione che l’emigrazione dal Sud non è ancora finita: meglio allora prepararsi laddove potranno un domani “trovare” con più facilità un posto di lavoro remunerato.

I giovani hanno la sensazione che ancora una volta le Università del Sud non siano al passo coi tempi ”non c’è rapporto, dicono, tra la teoria e la pratica, perché al Sud la teoria prevale sulla vita esperienziale”.

Se i giovani sono quelli che hanno dato sempre alla società degli imput importanti, prevenendo e sollecitando il cambiamento, è forse opportuno che ancora oggi non si sottovaluti il problema e che il Sud si riproponga come fucina della cultura non solo libresca ma di elaborazione di servizi e di sviluppo in un contesto nuovo ma vero di globalizzazione.

Giusy Fiorino, studentessa universitaria a Perugia in Scienze della Comunicazione, anch'essa prossima alla laurea, raggiunta telefonicamente ci dice: “Pensavo al futuro per avere più possibilità di lavoro… un giorno, se avessi scelto Palermo, mi sarei dovuta spostare comunque…”.

Salvatore Agueci

(inserito il 16/01/2006)

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